Era solo un pesce rosso: cosa pensiamo della violenza in tutte le sue forme e cosa possiamo fare per contrastarla?

Tante, troppe persone pensano di poter disporre della vita altrui.
Lo dimostrano la storia di Giulia Cecchettin, di Giulia Tramontano e del suo bimbo mai nato, del cane Aaron, del gatto Leone e di tante altre vittime – donne, bambini, animali- unite dal filo della violenza.

Provare sgomento e rabbia nel vedere una ragazza che spinge un gatto in una fontana lasciandolo morire, nell’apprendere di una capretta uccisa a calci durante una festa, nel venire a sapere del cane Aaron, legato a un palo e bruciato vivo dal suo compagno umano, è normale.

Il risultato di queste emozioni, spesso, è la richiesta di un inasprimento delle pene: un intervento legittimo ma non risolutivo e, sicuramente, non sufficiente.

E allora, da persona che vive in questo paese da 41 anni e che da 11 si occupa di tutela degli animali, penso che la soluzione non sia da cercare unicamente “nella penna del legislatore”, ma soprattutto nella strada che ogni bambino traccia, dall’infanzia fino all’età adulta.

Con questa convinzione sono nati ConFido nella Scuola e Generazione 4C, progetti di punta della Fondazione Cave Canem.

Oggi è quanto mai necessario stimolare l’empatia e la sensibilità dei più giovani verso i più vulnerabili, far capire loro quanto sia importante fuggire qualsiasi forma di prepotenza, sopruso e violenza, aiutarli a diventare professionisti al servizio di nobili cause.

Nel mio percorso di consapevolezza devo tanto ai miei genitori che molto, molto prima di tanti coetanei avevano compreso che un pesce non è “solo” un pesce, un canarino non è “solo” un canarino e un cane non è “solo” un cane.

Ecco come sono andate le cose.

A 5 anni avevo un pesce rosso. Si chiamava Gedeone, era il diversivo concessomi dai miei genitori per distrarmi dalla volontà incontenibile di “avere” un cane.

Una mattina ci siamo svegliati e Gedeone era riverso sul pavimento, boccheggiante dopo un tentativo di evasione dalla boccia nella quale viveva. Lo abbiamo salvato per un pelo e rimesso “al suo posto”.

Quel giorno ho letto nello sguardo dei miei genitori una sorta di presa di coscienza: avevano acquisito ancora più consapevolezza della triste condizione a cui avevamo costretto Gedeone.

Una sola volta siamo stati al circo, tre volte allo zoo e mai al delfinario.

Un tacito accordo aveva fatto convenire tutti noi che, di fronte a tali miserabili condizioni, sarebbe stato meglio stare a casa a costruire un puzzle.

Quando poi nelle nostre vite è arrivato Drugo, un incrocio tra un Labrador è un Rottweiler, eravamo già tutti allineati e pronti ad accogliere il quinto membro della nostra sgangherata e claudicante famiglia.

Sono stati, per noi, 15 anni di amore puro e incondizionato e di giornate scandite al ritmo della sua coda.

In un paese in cui molti non hanno remore nell’esercitare violenza sugli altri esseri viventi, siano essi persone o animali, l’inasprimento delle pene è certamente un atto dovuto: ma attenzione a non imputare unicamente al legislatore una responsabilità che dovrebbe essere collettiva.

Siamo tutti chiamati a contribuire al percorso educativo e di crescita dei più giovani e a costruire, insieme, un futuro diverso.

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